martedì, 1 Aprile 2025
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«Professore, ci perdona?»

La domanda, pronunciata con pudore e chiarezza da uno studente dopo una punizione esemplare, ridesta l’orizzonte della giornata a un insegnante. E l’avventura della conoscenza riparte
Sabato, ultimo giorno di scuola della settimana. Senza l’usuale affollamento di alunni delle elementari e delle medie che prediligono la settimana corta, il piazzale antistante l’istituto in cui insegno mi appare semideserto. Lo attraverso in fretta scambiando un rapido saluto di cortesia con Roberto, un mio alunno di seconda superiore arrivato anche lui in anticipo. A Roberto, però, quel breve cenno di riconoscimento non sembra essere bastato. «Professore! – dice cercando la mia attenzione – Ma lei ci perdona per quello che abbiamo fatto, io insieme ai miei compagni?».
Ciò che Roberto e i suoi compagni hanno fatto, nella sua gravità, è consistito nell’assecondare una tentazione non estranea alle generazioni di studenti e studentesse che li hanno preceduti. Durante l’assemblea d’Istituto, non trovando nella discussione un immediato riscontro con il loro interesse del momento, e confidando nella confusione delle classi, il gruppetto decide di cercare fuori dalla scuola un luogo più corrispondente alle loro attese. Scoperti dalla solerzia di un’insegnante, il precipitoso dietro-front non ha impedito la punizione esemplare con tanto di riflessione scritta sull’accaduto da presentare al Consiglio di classe.Ora, però, Roberto, me lo ritrovo di fronte. Il suo sorriso appena accennato è privo di malizia e i suoi occhi di giovane adolescente tradiscono un bisogno quasi infantile di essere guardato e accolto veramente. Quella domanda pronunciata con pudore, ma con chiarezza, mi sorprende e mi colpisce: «Ci perdona, professore?».
«Certo che ti perdono, Roberto!», affermo convinto, e aggiungo: «Il giudizio su un uomo – sì, perché un ragazzino che sa chiedere perdono merita senza dubbio l’appellativo riservato di solito a un adulto – non può essere ridotto al gesto, sbagliato, che ha compiuto. Piuttosto, deve tenere conto di ciò che ha imparato». Lui scuote vivamente il capo in segno di assenso.
Salgo i gradini che portano all’ingresso dell’edificio scolastico pieno dello stupore per la provocazione di quel breve dialogo. Perdono. Un bel modo di iniziare la giornata; anzi di iniziare o re-iniziare tutto. La richiesta di perdono di Roberto, rivolta all’insegnante che gli passa accanto, distrattamente, mi appare come un punto di speranza nel mare di indifferenza, di pretesa, di sprezzante giudizio dell’indegnità (sempre) altrui, in cui rischiamo di annegare ogni giorno.
Mario
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