Un brano di san Marco dice: «In quello stesso giorno,
verso sera, Gesù disse ai suoi discepoli: “Passiamo all’altra
riva”» (Mc 4,35). Non c’è nessuna espressione che sintetizzi
tutto quanto il dinamismo autentico d’una vita vera, d’una
vita vissuta, d’una coerenza col proprio cuore originale, di
questa frase del Vangelo. «Passiamo all’altra riva»; dalla riva
dell’apparenza alla riva della Presenza, dalla riva del non
essere alla riva dell’Essere.
Solo se si penetra quello che sta apparendo, si arriva al
Mistero che permane. Allora anche ciò che appare nell’istante fuggente è bello, è buono, è utile e non lo perdiamo più; si
compie questo paradosso: non lo perdiamo più.
La Madonna – possiamo immaginarcela facilmente – appena si svegliava, passava all’altra riva. Anche prima di avere
quella Presenza con sé; anche nel bambino che aveva accanto
e che vedeva giocare; anche nel figlio diventato giovane che
vedeva lavorare; anche nel figlio diventato adulto che vedeva
parlare di fronte alla gente. Sempre. Anche lei doveva passare all’altra riva.
Passiamo all’altra riva. L’altra riva è quella Presenza per
cui il cuore è fatto. Perché il cuore non è fatto per l’istante che
passa, qualunque urto di soddisfazione possa produrre. Il
cuore è fatto per il Mistero che salva, per essere conservato
per sempre, per l’eternità.
(Don Giussani)