PAOLO (anni 15): Io dico che l’aborto è lecito, quando si sa che il bambino nascerà deforme. A che serve farlo nascere? Io non vorrei vivere, se fossi deforme.
PROF.: (Eh già, bello e viziato come sei…) Paolo, ma allora lo scopo della vita è essere belli?
PAOLO: No, certo, non è essere belli. Ma nemmeno brutti!
MANUELA (anni 15; meditabonda e sagace): Lui vuol dire che lo scopo della vita è essere felici.
PROF.: E mi sai dire qual è lo scopo dell’aborto? Rendere felice la madre?
GIORGIO (interdetto): Lo scopo dell’aborto…
PROF.: La madre è più felice, dopo?
Vorrei dire a Paolo che il suo è un ragionamento fatto coi piedi. Se chi è deforme non ha diritto di vivere, allora dovremmo uccidere i gobbi, i paralitici, i pazzi.
MANUELA (indignata): Che c’entra! Quelli, ormai, sono nati. Sono vivi, sono interi. Prima di nascere non siamo nemmeno interi.
PROF.: fammi capire: essere uomini significa essere interi?
GIORGIO: Senta, non riattacchiamo con la filosofia.
PROF. (divertita): Io lo facevo per Paolo. Pensa a lui, che ragiona con i piedi. Se si sloga un piede, non è più Paolo. Vi do un suggerimento; facciamo fuori Paolo
GIORGIO (rassegnato): Vi saluto, gente. Parla la professoressa, quindi l’assemblea è finita.
PROF.: Ascolta, Giorgio: un uomo e una donna si sposano, pur sapendo di essere gravemente malati. Incoscienti, no? E fanno pure di peggio: questi criminali, questi irresponsabili, fanno pure cinque figli.
GIORGIO (atterrito): Cinque figli? Ma saranno tutti malati!
PROF.: Tutti malati, è evidente. Chi sordo, chi cieco, chi demente; uno sfacelo, uno spettacolo vergognoso; se ci fosse Hitler li infilerebbe nei forni. E così si perderebbe il sesto figlio.
GIORGIO (stravolto): Il sesto, professoressa?
PROF.: Che è Ludwig van Beethoven. E non dire: è bene inventata; perché è vera.