La prima domenica di settembre dell’anno scorso vi riportavo la meditazione di questo santo giorno, il venerdì della passione, riprendendo un commento di sant’Agostino “La terza navigazione” di Giovanni Reale: “Qui non si tratta più né di vele né di remi, ma del lignum crucis. Aggrappato con fede al legno della croce, l’uomo può navigare incolume nel mare della vita fino a giungere alla meta eterna”.
Partiamo da questo principio: Il vero ideale del Cristianesimo è l’incontro con Cristo, un incontro che parte da questo mondo e che vivrà la sua pienezza nel regno dei cieli, il “già e non ancora”.
Se escludiamo questo, allora davvero la croce non ha nessun senso.
Viviamo una realtà che riporta sempre questa insinuazione e direi anche la più grande bugia del diavolo:”Che non esiste l’aldilà”.
Mi capita spesso di leggere pensieri di filosofi o di intellettuali atei che riportano un pensiero del tipo “volemosi bene”.
Una volta, nel seguire la serie televisiva “Braccialetti rossi”, notavo che in quel dramma del dolore (erano malati terminali) non c’era nessun crocefisso in quell’ospedale e non si è mai vista la figura del cappellano. Dio veniva sostituito dal sostantivo “universo”.
Una fede che si conclude in una semplicità naturale, ma senza uno sguardo a ciò che è essenziale, cioè, a vivere con Cristo.
Il Messia vive nella croce questo sacrificio della redenzione, affinché l’uomo si ravveda da ciò che lo distoglie dalla via alla vita eterna e come il figliol prodigo, risvegliasse il suo desiderio del Padre.
La croce è l’avvenimento della salvezza. Come scrive sant’Agostino:
”È come se uno vedesse da lontano la patria e ci fosse di mezzo il mare: egli vede dove arrivare, ma non ha come arrivarvi. Così è di noi che vogliamo giungere a quella stabilità dove ciò che è perché esso solo è sempre così com’è. E anche se già scorgiamo la meta da raggiungere, tuttavia c’è di mezzo il mare di questo secolo. Ed è già qualcosa conoscere la meta, poiché molti neppure riescono a vedere dove debbono andare. Ora, affinché avessimo anche il mezzo per andare, è venuto di là colui al quale noi si voleva andare. E che ha fatto? Ci ha procurato il legno con cui attraversare il mare. Nessuno, infatti, può attraversare il mare di questo secolo, se non è portato dalla croce di Cristo. Anche se uno ha gli occhi malati, può attaccarsi al legno della croce. E chi non riesce a vedere da lontano la meta del suo cammino, non abbandoni la croce, e la croce lo porterà».
Nel conoscere la meta, l’uomo inizia un cammino. Lo fa in questa realtà. Vive la ragionevolezza della fede e nella Grazia della croce che si offre a noi. E’ un avvenimento. Come riporta il santo: ”E’ venuto di là colui al quale noi si voleva andare”.
Questa Grazia della rivelazione ci supporta nel navigare.
La più grande scommessa di Dio è stata quella di fidarsi di noi.
Nonostante la fragilità dell’uomo, offre nel contempo “lignum crucis”.
Riprendiamo il vangelo della passione che abbiamo ascoltato:”Volgeranno lo sguardo a colui che hanno trafitto”.
L’abbiamo già meditato nella 4^ domenica di quaresima.
L’evangelista riprende il passo dell’Esodo:”Come Mosè innalzò nel deserto il serpente, così che sia immolato il Figlio dell’uomo…”
Chi guardava dove era posto il serpente, si sarebbe salvato.
Così avviene la nostra redenzione.
Porre lo sguardo alla croce, offrire il cuore, quindi tutta la nostra persona, vivere la ragionevolezza della fede, coinvolgere il reale del nostro fare, sempre posto in Colui che è tutto.
Cos’è la fede se non la certezza di riconoscere di essere amati da un amore unico e che ci rende unici al Suo cuore.