Ricordo spesso un pensiero di Papa Benedetto XVI che, con parole simili, diceva:”Non basta una conoscenza esperienziale di Gesù. Ci vuole anche una conoscenza intellettuale”.
L’uomo, cioè, deve spingersi oltre, deve vivere la sua fede in cammino con la ragione. Una fede che non corrisponde alla realtà, cioè separata, rischia di divenire nel tempo un sentimentalismo o, peggio, una religione che è più un fatto culturale ma non immerso nella realtà delle cose.
Lo diceva anche il Papa San Giovanni Paolo II: “La fede e la ragione sono come le due ali con le quali lo spirito umano s’innalza verso la contemplazione della verità”.
L’uomo deve tendere a questa contemplazione di Dio. Senza questa tensione, questo vivere andando oltre alla sola materialità del tempo, il tutto si riduce ad una manifestazione esteriore e, in più occasioni, abbiamo preso coscienza di ciò.
Ve lo ripetevo più volte anche l’anno scorso, quando vi riportavo il pensiero di tanti che nel periodo del Covid, che secondo me è stato uno spartiacque nel cammino pastorale di tutta la Chiesa, in tutte le parrocchie del sud in particolare, si diceva questo:”Quest’anno la Pasqua non è stata Pasqua, perché non c’è stata la processione, cunfrunta ecc…”
Allora io mi domando: ”Chi è Cristo per me?”.
Nella notte di Pasqua ci sono due segni particolari che si celebrano all’inizio: La benedizione del fuoco e, quindi, il cero pasquale e la benedizione dell’acqua, il Battesimo.
Come il popolo di Israele è stato liberato dalla schiavitù dell’Egitto, Gesù ci ha liberato dalla schiavitù del peccato come abbiamo ascoltato dalla sequenza pasquale:”L’Agnello ha redento il suo gregge, l’Innocente ha riconciliato noi peccatori col Padre”.
Ha dato alla vita quel senso nuovo che ci fa riscoprire ogni giorno che la libertà vera è quel dono di essere suoi figli e non schiavi di un mondo che ci porta sempre lontani da noi stessi.
“Oscurando il riferimento a Dio, si è oscurato anche l’orizzonte etico, per lasciare spazio al relativismo e ad una concezione ambigua della libertà, che invece di essere liberante finisce per legare l’uomo a degli idoli.”(Benedetto XVI udienza del 14/10/12)
Eppure nelle difficoltà della vita, quando anche la fede e la ragione sembra che perdano la forza nelle ali, in riferimento a ciò che dicevo prima, Lui continua a farsi Luce nel cammino della nostra vita.
Ci invita a non lasciarci ingannare dalla manifestazione esteriore della realtà, ci chiede la ragionevolezza della fede, ci chiede di porre lo sguardo critico alla realtà delle cose.
Quando ho visto il film su sant’Agostino mi ha colpito il dialogo tra lui e sant’Ambrogio. Quest’ultimo gli diceva:” Non è l’uomo a trovare la verità, deve lasciare che sia la verità a trovare lui. Perché la verità è una persona, è Gesù Cristo, il figlio di Dio».
Questa verità che veramente ci rende liberi, fa sì che l’uomo nella Pasqua di Cristo assume il desiderio del nuovo che coinvolge tutto il suo fare.
Spesso si dice che è la carità, le opere, il fare ecc… ad aumentare la fede.
Ma questo “fare” da dove nasce?
Dove ha la fonte da cui attingere per vivere e respirare quell’aria nuova che fa sì che l’uomo nell’affanno si ritrovi a riprendere un cammino?
“L’amore per la verità aspira al santo ozio della contemplazione; le esigenze della carità ci caricano di lavori necessari. Ma se questo fardello non ci è imposto, dobbiamo usare la nostra libertà di spirito per cercare e contemplare la verità”. SANT’AGOSTINO
Vivere la contemplazione del risorto che nell’Eucarestia si fa dono di continuità nella Chiesa!
Senza questa contemplazione tutto crolla, come una casa che non ha fondamenta.
La nostra ragionevolezza della fede, ci invita a dire insieme a Maria di Magdala l’espressione che mi è sempre piaciuta ripetere nella sequenza pasquale: ”Raccontaci, Maria: che hai visto sulla via? La tomba del Cristo vivente”
Il Cristo vivente, non un ricordo, ma la memoria, quel Verbo che si è fatto carne ed abita in mezzo a noi, che è presenza in un istante, che è respiro della primavera nuova. Solo la Grazia dello Spirito Santo ci consentirà di riconoscerla come tale.