venerdì, 22 Novembre 2024
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OMELIA GIOVEDI’ SANTO – ANNO B 2021


L’anno scorso ho letto due testi che mi hanno fatto riflettere.
Uno è il testo del card. Martini che abbiamo ripreso durante la catechesi biblica della Quaresima, l’altro è un passo del libro “Fratelli Karamzov” di Dostoiesky.
Entrambi gli autori riportavano un pensiero comune: La libertà della fede, quella libertà di aderire a Cristo con tutto ciò che noi siamo.
Non l’imposizione della fede, ma la libertà di appartenere a Lui.
Quella libertà , purtroppo, in questo tempo di pandemia, ha fatto riscoprire ciò che è sempre stato detto a volte sottovoce, a volte a voce alta: Una fede forale, cioè, un cammino di religiosità.
Per capire bene questa differenza vi riporto un passo che mi ha colpito e che ho riportato domenica delle Palme: ” Chi ha potuto capire che di Gesù bisognava aver fiducia? Le persone che lo hanno seguito e che sono state con Lui, non la folla che andava per farsi guarire, ma che non impegnava se stessa in un coinvolgimento totale”.(Don Carron)
Stiamo celebrando il momento in cui Gesù vive con i suoi apostoli una compagnia unica, quello dello spezzare il pane con i suoi, quella fraternità che difficilmente possiamo paragonare ai nostri pranzi o alle nostre cene di famiglie. C’è una fraternità di Comunione sostenuta dal sacramento stesso dell’Eucarestia.
Gesù offre. Non impone la Sua presenza.
Pensate che anche Giuda, prima del tradimento, ha vissuto il momento dell’Eucarestia.
Questa libertà di essere Suoi fa sì che ogni passo non sia invano ma abbia una meta.
Vi riporto quello che scriveva lo scrittore russo:
” Tu non scendesti dalla croce,
quando per schernirti e per provocarti ti gridavano:
“Scendi dalla croce, e crederemo che sei proprio tu!”.
Non scendesti perché, anche questa volta,
non volesti rendere schiavo l’uomo con un miracolo,
perché avevi sete
di una fede nata dalla libertà e non dal miracolo.
Avevi sete di amore libero,
e non dei servili entusiasmi dello schiavo
davanti al padrone potente
che lo ha terrorizzato una volta per sempre”.

Gesù ha sete di noi.
Diremmo che ha bisogno più Lui di noi che noi di Lui perché un vero amore vuole, innanzitutto, comunicare. Si sente vuoto. E’ come un genitore che non ha quella possibilità di comunicare con i figli. C’è una ricerca di amore da condividere perché sia reale tutto ciò.
“Nell’Eucarestia incontri Gesù realmente, condividi la sua vita, senti il suo amore”.(Papa Francesco)
Finché rimarremo legati alla formalità del come celebrare o partecipare all’Eucarestia, non potremmo scoprire che, innanzitutto, è un dono, un dono di Comunione che offre a noi la libertà di far parte della Sua compagnia.
Questo giorno della settimana santa, l’ho sempre considerato come festa della Parrocchia, come festa di Comunità che ha come centro di tutta la pastoralità l’essere qui tra noi.
Il giovedì santo è il giorno in cui ringraziamo Dio per il sacerdozio, per quel sacramento che la Chiesa vive con tutta la passione che ha per Grazia dello Spirito Santo. E’il sacramento che noi sacerdoti viviamo in Comunione con la Comunità parrocchiale, nella libertà di appartenere ad un Altro e di essere insieme in un cammino. Non ci si limita a costruire una società più giusta.
Quel cammino è più vero.
Ad ogni passo ritroviamo il senso del perché viviamo la fede.
“Un giorno, un prete chiedeva a un contadino se conoscesse il Vangelo; e quello per risposta disse: “E tu conosci il dolore”?. La possibilità di far conoscere il Vangelo è in rapporto alla capacità di conoscere il dolore.”(Libro polacco)
Cos’è la Parrocchia se non quella compagnia di uomini che sempre insieme, piangono, ridono , lavorano e godono dell’opera.
Il nostro caro Papa ci spiega meglio questo passaggio:” Ogni comunità parrocchiale è chiamata ad essere luogo privilegiato dell’ascolto e dell’annuncio del Vangelo; casa di preghiera raccolta intorno all’Eucaristia; vera scuola della comunione, dove l’ardore della carità prevalga sulla tentazione di una religiosità superficiale e arida”.