La festa patronale, a differenza delle altre feste che sia anche il Natale o la Pasqua, direi che ha un richiamo alla fede diverso.
La festa patronale richiama una comunità specifica che è la parrocchia in cui si celebra il Santo o la Madonna.
Noi oggi celebriamo san Biagio, patrono della nostra città e protettore per i mal di gola.
La meditazione parte proprio da questa protezione.
“Le parole possono essere baci, carezze, farmaci, oppure coltelli, spade, proiettili. Con la parola possiamo bene-dire o male-dire, le parole possono essere muri chiusi o finestre aperte”(Papa Francesco)
È un invito rivolto ad ognuno di noi.
Tutti pronti a dire che è sbagliato parlare male degli altri e tutti a mettersi dietro ai muri e dire che noi non ne facciamo parte.
In realtà, spesso e volentieri, usiamo male-dire, come dice il Papa, cioè, usare male la parola.
“Hai mai notato che quando qualcuno dice che gli dispiace dire qualcosa, in realtà non vede l’ora di dirla?” ALICE MUNRO
La parola è un dono. Questo è il miracolo da invocare al nostro Patrono, cioè, riconoscere che noi abbiamo il dono di essere una specie di “colla” cioè, un dono che, se vissuto bene, unisce e non divide.
La parola della preghiera è un invocare a Dio, un cercare un rapporto con Lui .
Riprendo un passo del profeta Isaia: ”Non temere, perché io ti ho riscattato, ti ho chiamato per nome: tu mi appartieni…. Perché tu sei prezioso ai miei occhi, perché sei degno di stima e io ti amo” (Isaia 43,1ss)
Ti ho chiamato per nome, cioè, voglio vivere un rapporto di familiarità con te.
Questa familiarità si costruisce, si vive ogni giorno.
Nel tempo di Avvento vi dicevo questa battuta:”Noi adulti, pensiamo al rapporto con i nostri genitori. Se ci facciamo memoria, quando abbiamo avuto un discorso lungo? Solo quando abbiamo litigato?”.
La parola, invece, è una carezza, un incontro con l’altro. Non possiamo sempre risolvere i problemi. Anche quando preghiamo sappiamo in cuor nostro che la richiesta che noi rivolgiamo a Dio, sarà una risposta che ci chiede la fede ad accogliere ciò che è il Mistero stesso della vita. Ma abbiamo bisogno di quella sua parola che cambia.
Preparando la meditazione di oggi, mi veniva in mente un’altra omelia, di alcuni anni fa ad un funerale e riportavo un passo di Don Giussani:
”Quella sera Gesù fu interrotto, fermato nel suo cammino al villaggio cui era destinato, cui si era destinato, perché c’era un pianto altissimo di donna, con un grido di dolore che percuoteva il cuore di tutti i presenti, ma che percuoteva, che ha percosso innanzitutto il cuore di Cristo.
«Donna, non piangere!». Mai vista, mai conosciuta prima.
«Donna, non piangere!». Che sostegno poteva avere quella donna che ascoltava la parola che Gesù diceva a lei?”
Eppure quella donna, in quel dolore unico, si ferma e Lo ascolta.
Ecco la Parola.
Porsi in ascolto e testimoniare poi ciò che abbiamo vissuto.
Una comunità cresce se ha parole buone, se non si riduce alla semplicità del dire o ripetere una vera criticità della realtà.
Siamo chiamati a fare, non a parlare.
“Non sprecare gran parte del tuo tempo su voci che non contano. Scollegati dalle banalità in modo da avere più tempo per sintonizzarti sulle voci importanti.” JIM ROHN
Qual è la voce più importante che vuoi ascoltare?