L’esperienza del dolore mette in gioco la nostra fede.
L’uomo vive il rischio educativo del confrontarsi con la realtà e valutare così la sua fede che si pone quella domanda capitale, quel “perché proprio a me” che diventa un grido al cielo.
Quello stesso grido della croce: “Eloì Eloì, lemà sabactani”.
Voglio immagine per un attimo la presenza di Maria, lì sotto la croce, “stabat mater” che stava lì a vivere col Figlio il dramma dell’ingiusta morte e contemporaneamente quello che diceva sant’Agostino e preghiamo la notte di Pasqua :”Davvero era necessario il peccato di Adamo che è stato distrutto con la morte del Cristo. Felice colpa che meritò di avere un così grande redentore!”.
È quello che dicono i teologi: ”Il paradosso della gioia”.
Dio ci offre la certezza che non tutto si conclude.
Come dicevo prima,penso alla Madonna che stava lì. Nel vangelo non c’è il racconto di Lei che si mette ad urlare o a scagliarsi contro i soldati o coloro che insultavano il Figlio. Ma stava lì, in quel silenzio assordante che spesso abbiamo sperimentato nel momento del dolore più cupo e drammatico della vita.
Quel silenzio che parla più di mille discorsi.
In questo paradosso l’assenza di Dio è più presenza che mai.
Come mi diceva una persona: ”Dio ci fa cadere perché ci vuole assicurare che ci aiuterà a rialzarci”.
Non dobbiamo aver timore del silenzio.
La solitudine della Madonna, il silenzio del cuore, questa dolcezza e tenerezza della Mamma celeste non è l’unica cosa che ci resta, è l’amore che crea.
Come fa a creare amore il dramma del dolore?
“La paura mi fa indietreggiare; con l’amore non soltanto vado avanti, ma volo”.(Santa Teresa di Lisieux)
Questo crea il sacrificio dell’amore, il mirare in alto senza dimenticare l’ideale della fede che è l’incontro con Cristo.
Quando viene meno questo ideale la speranza è labile, sottile e sparisce.
Alla festa dei santi Medici della prossima settimana riprenderemo questo pensiero e quello che ci ha insegnato il nostro Papa e che riporto stasera: ”La parola del Signore risorto e vivo ci indica la strada per raggiungere la vera beatitudine, la strada che conduce al Cielo. È un cammino difficile da comprendere perché va controcorrente, ma il Signore ci dice che chi va per questa strada è felice, prima o poi diventa felice”.
L’amore al Paradiso fa sì che il sacrifico della croce diventi ponte per la salvezza.
Che senso avrebbe amare una persona, se fosse solo per quel momento, per quella risposta immediata che è risposta ad un mio momento di affettività?
Io amo l’altro per ciò che mi porta ad arrivare ad un Altro.
Questo è lo sguardo della Madonna ai piedi della croce.
“Quando versiamo le nostre lacrime che sono «il sangue delle nostre anime», esse cadono sul cuore della Vergine e da lì su tutti i cuori viventi”, (Léon Bloy)
Rivolgiamo il cuore a Maria, rivolgiamo a Lei la nostra debolezza. Ricerchiamo in Lei quella mamma che è compagnia del viaggio della nostra vita.
E’ tutto così. Quel silenzio sotto la croce diventa la tenerezza che ci consola nel pianto del dramma del nostro cuore.