XVIII^ DOMENICA DEL Tempo Ordinario ANNO C
Questa pagina del vangelo ci fa riflettere sul peccato della cupidigia, sull’errore della ricerca di un bene materiale che non arricchisce se non il corpo e che lascia sempre più vuota l’essenza dell’uomo, la sua anima, il suo spirito.
L’essenzialità del Cristianesimo, il suo annuncio è, appunto, la salvezza dell’anima.
Ho sempre letto o ascoltato questo brano del vangelo. Alcuni anni fa, in un incontro di scuola di Comunità, riflettendo su un testo di Don Giussani, abbiamo riflettuto sulla prima parte del vangelo ed è stato come se “fosse scattata una molla”. Un passo ci collega su quanto abbiamo meditato due domeniche fa, sul racconto di Marta e Maria, sul dialogo in cui Gesù dice a Marta di non preoccuparsi delle cose di questo mondo.
Il passo del vangelo è quello delle prime righe che abbiamo appena ascoltato:” In quel tempo, uno della folla disse a Gesù: «Maestro, di’ a mio fratello che divida con me l’eredità». Ma egli rispose: «O uomo, chi mi ha costituito giudice o mediatore sopra di voi?».
Gesù non è venuto nel mondo per farsi giudice, per risolvere i nostri problemi materiali o fisici. In un’omelia feriale riprendevo questo passo dicendo:”Se Gesù avesse voluto la salvezza del corpo, invece della vocazione sacerdotale, ci avrebbe indicato la sola vocazione sanitaria”.
Se riflettiamo bene, Gesù ha dato la risposta all’uomo che Gli chiedeva un aiuto. Potremmo dire così:”Se tu invece di essere legato alle cose di questo mondo, vivessi il vangelo che ti indica l’essenzialità della vita che è il paradiso, la libertà da questo mondo e il legame con la salvezza, non succederebbe mai che dovresti ricorrere al notaio per risolvere i problemi con tuo fratello”.
Se ci pensiamo bene, quante volte nelle nostre famiglie succedono problemi ed inimicizie e si ricorre al giudice, quando abbiamo discordie con i fratelli? Se andassimo d’accordo, non ci sarebbe bisogno del notaio.
Se l’uomo ha un legame terreno, se non cerca la povertà da cui nasce la vera libertà, come potrà essere di Cristo?
In un altro brano Gesù lo dice:” Chi ama padre o madre più di me, non è degno di me. Chi ama figlio o figlia più di me, non è degno di me. Chi non prende la propria croce e non mi segue, non è degno di me”.
Gesù ci invita a vivere una scelta che coinvolga la nostra vita, una fede reale e non distaccata da essa. Pensiamo alle prossime settimane in cui si vive la novena e poi la festa. E’ come se noi staccassimo la preghiera dalla festa. Che senso avrebbe? Poi diremmo:”Oh Parroco, perché i fuochi quest’anno non sono stati più belli?”
Secondo me, ciò che ha portato a un lento e progressivo allontanamento dalla Chiesa, è stato questo distacco tra fede e realtà, il voler ridurre la Chiesa ad un’associazione di volontariato e la realtà ad un fatto privato.
Noi affidiamo a Dio la nostra opera e ciò che siamo. In Dio noi ci rifugiamo e deponiamo il nostro cuore, la nostra persona.
Più cercheremo in altro e più ci ritroveremo vuoti.
Il vangelo conclude:” Ma Dio gli disse: “Stolto, questa notte stessa ti sarà richiesta la tua vita. E quello che hai preparato, di chi sarà?”. Così è di chi accumula tesori per sé e non si arricchisce presso Dio».