Ilvangelo di Marco, che mediteremo per tutto l’anno, ha un inizio diremmo “strano”.
Inizia infatti con un esorcismo:”Ed ecco, nella loro sinagoga vi era un uomo posseduto da uno spirito impuro e cominciò a gridare, dicendo: «Che vuoi da noi, Gesù Nazareno? Sei venuto a rovinarci? Io so chi tu sei: il santo di Dio!». E Gesù gli ordinò severamente: «Taci! Esci da lui!». E lo spirito impuro, straziandolo e gridando forte, uscì da lui.”
Perché proprio con questo gesto inizia il Vangelo?
L’inizio è sempre il segno di ciò che sarà il dopo, il programma di Gesù.
Lui si contrappone al male, che è menzogna, e lo fa con la verità.
Di fronte al male, non ci può essere un dialogo, questo è bene che lo comprendiamo, c’è una verità ed è Cristo.
Dialogare col male, è come scendere a compromessi, e il compromesso è come dico ripeto spesso la battuta:”La colpa è del 50% ciascuna, cioè la colpa è tua!”.
Pensate poi ad un aspetto importante:”In quel tempo, Gesù, entrato di sabato nella sinagoga, [a Cafàrnao,] insegnava.”
Questo è quello che fa innanzitutto un vero “maestro” e il diavolo lo attacca proprio lì, perché quando intuisce che l’uomo inizia a conoscere la verità, come leggiamo nel vangelo:”Ed erano stupiti del suo insegnamento: egli infatti insegnava loro come uno che ha autorità, e non come gli scribi.”
Allora la miglior posizione come si usa dire:”E’ attaccare”.
Quando l’uomo decide di seguire a verità, si lascia guidare da essa, il male, cerca sempre di distoglierci dalla verità.
Penso a quello che sta succedendo oggi, e spesso tra educatori ne discutiamo, la difficoltà educativa.
Ed è quando si viene attaccati che allora si comprende che quello che stiamo facendo è un bene. Come mediteremo poi alla festa de nostro patrono, san Biagio: ”Se un testimone ha un seguito di persone che lo imitano e fanno compagnia col suo ideale, allora è un perseguitato, altrimenti è solo voce al vento”.
Non dobbiamo mai perdere il coraggio di testimoniare, un testimone è vero, se insegna come Gesù cioè con autorità. La traduzione sarebbe migliore col termine “autorevolezza” cioè fare quello che insegno.
Come scriveva il beato giudice Livatino: ”Quando moriremo, nessuno ci verrà a chiedere quanto siamo stati credenti, ma credibili.»
Non perdiamo mai, la vocazione a cui siamo chiamati, noi educatori in particolare.
A non aver timore di affrontare la “mala-educazione”.
Mi piace riportare quel pensiero d don Giussani che è stato un grande educatore:“Mandateci nudi ma non toglieteci la libertà di educare”
Che significa questa provocazione:”L’educazione è il rapporto tra due libertà: di chi educa e di chi è educato. Non ama chi, con la scusa della libertà dell’altro, non gli dice ciò che sente come vero, come bene, come giusto. E questo vuol dire correre un rischio, perché può essere solo proposto e non imposto, perché la libertà di chi educa deve dialogare con la libertà di chi è educato”