Oggi che celebriamo l’anniversario di Enzo, questa mattina mi veniva in mente una poesia che lessi tanti anni fa, la ricordo bene, perché fu anche la mia prima omelia di Natale, come parroco.
Vi riporto il testo: desiderio di un TU
Ti sei ami chiesto cos’è la solitudine? È andare veloci con la macchina cerando di volare.
Aspettare che suoni il telefono; che strazio, alzare il volume della radio,
e nessuno viene a dirti che è alto.
Voler alzarti in volo e non hai le ali.
Perchè sei andata via, lasciandomi in questo buio, dove tutto scorre piano e lento.
Non voglio ne baci, ne carezze, basta sapere che ci sei.
Il dramma di un uomo, questo vivere, questa attesa di una risposta, che a volte tarda a venire, oppure è ricercata in un qualcosa che non puoi mai essere una risposta completa alla domanda del perchè vivere. Ci riporta a riscoprire che c’è un Altro, un cuore più grande che ci attende e ci ama e si fa compagnia in tutto questo. come scriveva il filosofo Demtreio:“Il vero amico è colui che vine da te nella gioia, solo se è invitato. Nel momento del bisogno senza essere interpellato”
Il dramma dell’umano, vive la risposta del senso del perchè vivere nel dono del Figlio che Dio offre a noi.
Mi piace riportare quell’espressione di domenica scorsa, che diceva il beato Giacomo Alberione:”Si moltiplicano stampe, discorsi, proposte iniziative, fatiche, spese… Ma Gesù si trova sempre come l’hanno trovato i pastori ed i Magi.“
Siamo in ricerca di un attesa, amati da un amore eterno che va oltre la solita dimensione umana, quella categoria dell’amore limitato ad una carezza o un bacio, c’è invece una Presenza vera.
Non è sentimentalismo, non è un’invenzione Dio, è certezza di vita.
Come diceva il Curato d’Ars ad una moglie disperata dopo la morte del marito suicida:”Si ricordi signora, che tra il ponte e il fiume che c’è la Misericordia di Dio”. Noi viviamo di questa misericordia, ed è proprio venerdi che celebreremo la festa del sacro Cuore di Gesù, questo affidamento del Suo amore, che è come abbraccio a tutta la nostra sofferenza. Dio entra nella mia carne, si è fatto bambino, perchè io come i pastori e i magi, potessi adorarlo e riconoscere questo suo amore.
Non avessi conosciuto il Cristo, Dio sarebbe stato un vocabolo vuoto di senso… il Dio dei filosofi non avrebbe avuto alcun posto nella mia vita morale. Era necessario che Dio si immergesse nell’umanità, che in un preciso momento della storia… un essere umano, fatto di carne e di sangue, pronunciasse certe parole, compisse certi atti, perché io mi gettassi in ginocchio. (François Mauriac)