In una delle sere della novena di Natale dell’anno scorso ci siamo soffermati sulla figura di Maria.
Mi colpiva una provocazione di Don Luigi Epicoco che diceva: ”Noi non usiamo la potenzialità di Maria”.
Noi, cioè, non viviamo pienamente ciò che Dio ci ha offerto in dono: La bellezza della maternità della Madonna.
Nei momenti del bisogno, come oggi in particolare, viviamo come comunità la preghiera unanime per tutti gli ammalati, invochiamo proprio alla Madonna quella ricerca di risposta al bisogno del senso del perché io sia chiamato a vivere la vocazione nel cammino della malattia.
A volte, quando in un certo senso penso di perdere la fede nel miracolo, diciamo: ”Oh Signore dammi la forza almeno di vivere questa sofferenza”.
È naturale che noi chiediamo al Signore, la grazia di essere amati come piccoli bambini che si sentono impotenti di fronte al male.
Ed allora, proprio come dei bambini, cerchiamo nella Mamma celeste, questa grazia di non sentirci abbandonati.
L’uomo vive nella solitudine perché nella ricerca di un senso alle cose, è come se tutto ritornasse dentro se stesso e ti confronti con te stesso.
C’è poi il momento in cui ti metti in rapporto con la realtà.
O vivi quella magra consolazione di confrontarti con chi sta peggio di te, oppure, come spesso ricordo, la scarsa educazione di alcuni genitori che durante l’esperienza di servizio nel nostro cammino unitalsiano, ci dicevano: ”Li abbiamo portati qui (volontariato con i disabili) perché capiscano la fortuna che hanno”.
Quando invece il nostro cuore si confronta con la realtà delle cose, come e dove viviamo invece la nostra vocazione?
Il modello vero del cammino educativo alla fede, lo viviamo nella Madonna.
“Se il Cristianesimo nella sua forma più piena è il puro accoglimento della salvezza di Dio eterno e trino che appare in Gesù Cristo, Maria è il perfetto cristiano, l’essere umano in senso assoluto”. (Hans Urs Von Balthasar)
Lo cerchiamo e invochiamo proprio da Lei.
Viviamo la potenzialità di Maria.
Viviamo la Sua dolce e tenera maternità.
“Vergine Maria, ricordati di tutti i figli tuoi; avvalora presso Dio le loro preghiere; conserva salda la loro fede; fortifica la loro speranza; aumenta la carità”.(Papa san Paolo VI)
Nell’affidarci alla Mamma Celeste, l’uomo non perde l’occasione, ma vive l’occasione della carità.
E, sempre riprendendo la novena di Natale, la figura di san Giuseppe, l’uomo spirituale non è l’uomo che si chiude in se stesso, ma è l’uomo dell’azione, come lo è stato lo sposo di Maria che ha vissuto nell’azione la sua vocazione di sposo e padre.
Cosa cerchiamo veramente nella vita, se non il senso delle cose, se non il senso al sacrificio stesso della vita che si dona all’altro, come lo è per le famiglie (la sofferenza di un figlio/a disabile, tutta famiglia ne è partecipe)?
Come poter vivere allora questo amore per l’altro senza sentirsi mai abbandonati?
“Due grandi amori deve possedere il nostro cuore: Maria come punto d’arrivo e la croce come mezzo per essere un’altra lei nel mondo e adempiere i disegni di Dio”. (Chiara Lubich)
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