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Eravamo in due nello stesso scompartimento del treno. La giornata era fredda e piovosa. Dai finestrini si vedeva scorrere un paesaggio grigio e nelle stazioni i pochi passeggeri erano intabarrati in cappotti e sciarpe. Ma lo scompartimento era confortevolmente riscaldato e il ritmico sferragliare del treno conciliava una quieta beatitudine.
Il passeggero che divideva lo scompartimento con me, invece, era stranamente inquieto.
Ad ogni fermata del treno scattava in piedi, correva al finestrino e leggeva ad alta voce il nome della stazione.
Poi si sprofondava nel sedile emettendo un sospiro da strappare il cuore.
Dopo sette od otto stazioni, preoccupato gli chiesi: «C’è qualcosa che non va? Non si sente bene?».
Con un nuovo desolato sospiro, rispose: «Non proprio. È che sto andando nella direzione sbagliata. Avrei dovuto cambiare treno già da molte stazioni. Ma si sta così bene e al calduccio, qui…».