Un eremita vide una volta, in un bosco, uno sparviero. Lo sparviero portava al suo nido un pezzo di carne: lacerò quella carne in tanti piccoli pezzi, e si mise a imbeccare anche una piccola cornacchia ferita.
L’eremita si meravigliò che uno sparviero imbeccasse così una piccola cornacchia, e penso: “Dio mi ha mandato un segno. Neppure una piccola cornacchia ferita viene abbandonata da Lui. Dio ha insegnato addirittura ad un feroce sparviero a nutrire una creaturina d’altra razza, rimasta orfana al mondo. Si vede proprio che Dio dà il necessario a tutte le creature: e noi, invece, stiamo sempre in pensiero per noi stessi.
Voglio smetterla di preoccuparmi di me stesso! Dio mi ha fatto vedere che cosa devo fare. Non mi procurerò più da mangiare! Dio non abbandona nessuna delle sue creature: non abbandonerà neanche me”.
E così fece: si mise a sedere in quel bosco e non si mosse più di là: pregava, pregava, e nient’altro. Per tre giorni e per tre notti rimase così, senza bere un sorso d’acqua e senza mangiare un boccone.
Dopo tre giorni, l’eremita s’era tanto indebolito, che non era più capace d’alzare la mano.
Dalla gran debolezza, s’addormentò. Ed ecco apparirgli in sogno un angelo. L’angelo lo guardò accigliato e gli disse: “Il segno era per te, certo. Ma perché tu imparassi ad imitare lo sparviero!”.
A questo punto Gesù domandò: “Secondo te, chi di questi tre si è comportato come prossimo per quell’uomo che aveva incontrato i briganti?”
Il maestro della legge rispose: “Quello che ha avuto compassione di lui”.
Gesù allora gli disse: “Va’ e comportati allo stesso modo” (Luca 10,36-3 7).
Troppo facilmente ci mettiamo dalla parte di chi deve ricevere.
Per Gesù, noi siamo quelli che devono dare.