La difficoltà maggiore che spesso si riscontra nel confrontarsi, è la discussione sul senso che diamo al termine Comunità
È la persona al servizio della Comunità affinché diventi un bene per la persona: Un bene oggettivo, cioè, un costruire insieme e non uno stare nel bene.
Come diceva don Primo Mazzolari:” Il cristiano è un «uomo di pace», non un «uomo in pace»: fare la pace è la sua vocazione”.
Il relativismo nel confrontarsi con una verità oggettiva, il soggettivismo della morale, sono come dei tarli che ostacolano la costruzione del ponte che lega la Comunità alla persona e viceversa.
Tanti vorrebbero che tutto si chiudesse, che ogni casa diventasse un mondo a sé, un ragionamento che ha come base una certa sicurezza personale sia economica, sia di lunga rendita, un vivere la vita che possiamo sintetizzare con la frase: ”Tanto c’è un altro che fa”.
Se chiudessero tutte le opere di caritativa e di volontariato e se il terzo settore venisse escluso dai progetti della politica nazionale, cosa rimarrebbe?
Uomini e donne di buona volontà hanno fatto proprio il pensiero di Don Zeno: ”E’ quando c’è da rischiare che bisogna fare la carità”.
La settimana santa che viviamo come Comunità, non è solo un insieme di tradizioni o di pietà popolare. E’ il tempo dell’anno, come è stato letto nell’Epifania all’annunzio del giorno di Pasqua:” Centro di tutto l’Anno liturgico è il Triduo del Signore crocifisso, sepolto e risorto, che culminerà nella domenica di Pasqua il 4 aprile”.
La Pasqua è il centro da cui partono i raggi che collegano la ruota e fan sì che cammini.
“ L’equilibrio della Chiesa ricorda quello della bicicletta che cade se sta ferma ma «va bene» se è in movimento. Ed è proprio dall’immobilismo, dalla rigidità del «si è sempre fatto così» che rende «prigionieri delle idee», dalle resistenze ideologiche a ogni cambiamento suggerito dallo Spirito “. (Papa Francesco 25/4/18)
Purtroppo, questo cammino non si interpreta come un pellegrinaggio, cioè, un andare verso…Cristo, un incontro che sia scintilla e fuoco alla nostra fede. La conversione non avviene a tavolino, ma nasce da un incontro. Diventeremo una massa che, dopo la domenica delle Palme, abbandona Gesù sulla via del calvario.
Occorre divenire come Maria di Magdala e come gli apostoli che dopo la Pentecoste iniziano la missione dell’annuncio che la verità è una persona: Cristo!
Non è un’idea o un sentimento, ma una persona concreta, un volto che tu hai di fronte e a cui offri il tuo cuore, la tua persona.
Sempre don Mazzolari scriveva: ” Ai piedi della Croce la pietà può ancora illudersi; ma qui si accetta o si nega, ci si inginocchia o si va lontano. E se rifiuto, non ho più pace; se accetto, incomincia un dialogo estremo tra me e il Risorto”.
Il costruire ”Ponti e non muri”, non è riferito solo al rapporto tra le persone, ma anche con Dio e porta con sé anche il sacrificio dell’intelligenza e dell’ obbedienza, il riconoscere che Cristo è la verità e che bisogna vivere questa appartenenza con Lui che si manifesta ed è vita nella Chiesa.
Nella liturgia pasquale, riscopriamo, quindi, questo dono:
Il dono di essere e di appartenere ad una Comunità, di avere uno sguardo che si confronta con il reale, che non si limita all’uscio della propria casa. Occorre essere Chiesa in uscita, senza il timore di perdere ma certi di chi ci ama, di chi si offre nel sacrificio eucaristico e di chi, quindi, rinnova questo amore eterno.
Viviamo la Comunità!