A me ha colpito il Crocifisso appeso alla parete centrale della chiesa di San Francesco in Nigeria. Quella che è stata spettacolo di morte nel giorno in cui il fuoco della Pentecoste avrebbe dovuto prevalere sul fuoco delle mitragliatrici.
Non hanno dato il tempo allo Spirito di accendere fuochi di speranza e di pace per un popolo già provato dal dolore e dalla sofferenza, oltre che dalla fame. O forse lo Spirito Santo è sceso così prepotentemente che ha infiammato i cuori di nuovi “martiri della porta accanto”, quelli che non saranno canonizzati ufficialmente dalla Chiesa ma che hanno già ereditato il regno dei cieli. Alla fin fine rosso è il colore del fuoco e rosso è quello del sangue. Allora sì che lo Spirito è disceso su quella gente che, come Maria e gli apostoli, era radunata in preghiera in attesa del fuoco di Pentecoste. Ed è arrivato. Le loro gocce di sangue sono come lingue di fuoco che scaldano la terra per fecondarla di semi nuovi di fede.
Torniamo a quel Crocifisso sulla parete. Là, inerte e passivo, col capo chino e morente, quasi impassibile a ciò che è brutalmente accaduto. Eppure non era passiva quella presenza discreta e vicina.
Era là. Stava spirando insieme a quelli che avevano versato innocentemente e ingiustamente il loro sangue.
Era là. Aveva appena smesso di gridare “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?”, quando le grida della gente in chiesa implorava giustizia e scappava di qua e di la per salvarsi.
Era là. “Tu oggi sarai con me in paradiso” lo stava sussurrando agli innocenti che stavano spirando prostrati per terra tra chiazze di sangue.
Era là. “Se sei il Figlio di Dio, scendi dalla croce e salva anche noi”. Non è sceso e non ha salvato nessuno. Apparentemente. È sceso e ha raccolto quel sangue per poi spargerlo sulla terra arida dell’umanità indifferente e ipocrita, ingiusta e incattivita.
Era là. Campeggiava in alto sulla parete mentre univa il suo ultimo respiro (emetteva lo Spirito) a quello degli agonizzanti tra i banchi della chiesa. E lo Spirito ha aleggiato e ora promana il suo profumo tra le strade della Nigeria. E, sicuramente, anche tra quelle impervie di un mondo in rivolta.
Onofrio Farinola