venerdì, 22 Novembre 2024
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Chi siamo innanzitutto (riflessione del Direttore caritas don Roberto Celia)


Chi siamo innanzitutto
In questi ultimi giorni ricevo spesso delle richieste di interviste e la prima domanda che mi pone il giornalista è uguale per tutti:”Cosa sta facendo la Caritas?”
La risposta è semplice:”Quello che ha sempre fatto:La carità!”
Non abbiamo aspettato l’occasione per proporre quello che siamo.
Prima di soffermarsi su “Cosa facciamo”, bisogna rispondere alla domanda:”Chi siamo?”.
L’incontro con Cristo che ha messo l’uomo al centro, ci ha provocato già dal Mistero dell’Incarnazione, a questo rapporto-relazione con l’altro, perché l’uomo è relazione e, quindi, è persona.
Al centro di tutto, l’uomo!
Nella carità ricopriamo questa fede che ci porta a vivere, se pur con modalità diverse, la proposta di un cammino da fare insieme.
Se dovessi limitarmi alla sola consegna del “pacco”, sarebbe come dire che la Caritas è un negozio gratuito o, peggio, un’associazione di volontariato.
Papa Benedetto XVI^ ha ribadito questo nell’enciclica Deus Caritas Est:
“È perciò molto importante che l’attività caritativa della Chiesa mantenga tutto il suo splendore e non si dissolva nella comune organizzazione assistenziale, diventandone una semplice variante”.
Ripeto a me stesso un passaggio dell’omelia del giovedì santo del 2011:
”La carità è riconoscere la presenza di Cristo nello sguardo di chi hai di fronte, diventa comunione quando è incontro con la realtà dell’altro, diventa perdono quando ami la sua storia. Non è lavando i piedi del povero che tu vivi la caritativa, ma baciando la sua storia, diventando parte di essa. Allora si fa esperienza del vero”.
Si costruisce, solo se c’è continuità e costanza nel tempo, se si è, cioè, protagonisti e costruttori della pace.
Senza una solidità del terreno, non si può costruire una casa.
Così lo è per la carità.
Essere presenza!
Così diceva il Papa il 3 aprile: ” Gli uni accanto agli altri, nell’amore e nella pazienza, possiamo preparare in questi giorni un tempo migliore”.
Spesso ci limitiamo ad essere presenza nell’occasione, ma cos’è tutto questo se non un’ esaltazione della propria persona?
La carità è una sottile linea che passa tra i nostri giorni. E’ un grido muto che, cioè, ci provoca dentro, senza manifestazioni straordinarie. Essere un aiuto concreto nell’emergenza, non sostituisce la presenza nel quotidiano, anzi se c’è una ferialità tutto diventa più vero.
L’uomo, la sua dignità, al centro di tutto.
Nel prendere parte alla sua storia, riscopriamo questa esperienza del vero.
Il dono di Maria, la sua maternità, quel silenzio del cuore si fa compagnia nel cammino in quell’ inquietitudine che abbiamo nel cuore, nel cercare un senso al perché di tutto questo.
Viviamo un amore vero!
Come gesto di carità e rispetto, chiedo silenzio verso chi è costretto a lavorare per mantenere un servizio verso di noi, verso chi ha perso il lavoro o sta vivendo un calo drastico dei suoi guadagni. Gli impiegati statali, i pensionati e coloro che usufruiscono del reddito di cittadinanza, per favore, vivete il silenzio della carità di non lamentarvi perché dovete stare a casa. Più volte lo ribadisco anche in occasione delle feste: Evitate di portare sui social ricette nuove o tavole imbandite a festa. Fatelo nei vostri rapporti privati. Abbiate rispetto per chi non ha e non può.
Siamo caritas che costruisce un ponte verso l’uomo!
Maria si fa compagnia nella ricerca del senso del perché vivere…
Papa Francesco, sempre la sera del 3 aprile, in preparazione alla Settimana Santa, ci ha ricordato questo “Perché al senso della vita”.
Questa la sua espressione, parlando della Resurrezione:” Dice l’apostolo Paolo: «Ed egli è morto per tutti, perché quelli che vivono non vivano più per se stessi, ma per colui che è morto e resuscitato per loro» (2 Cor 5,15). In Gesù risorto, la vita ha vinto la morte. Questa fede pasquale nutre la nostra speranza”.