Di fronte ad un dipinto poco conosciuto pensavo a questa provocazione:
”È il Volto Santo della Veronica dipinto da Von Max nel 1874”.
Chi segue i cenacoli di preghiera, sicuramente sa di quale immagine sto parlando.
Mi ponevo la domanda: ”Chi è Cristo e chi siamo noi”, proprio perché l’immagine che dicevo prima, ha una particolarità: ”L’artista usa una singolare tecnica che permette di vedere gli occhi del Cristo sia aperti che chiusi.”
Facevo in me questa riflessione: ”Noi viviamo la nostra fede, il nostro rapporto con Cristo, ci lasciamo vivere da Lui, oppure proiettiamo in Lui ciò che siamo noi!?”
C’è una linea molto sottile tra il saper distinguere quale sia la voce di Dio e la voce del nostro io psicologico.
Dio si offre a noi come Verità.
“Quid est veritas?” la domanda di Pilato a Gesù.
Questa domanda è come un vento alla nostra vela della vita, come mediteremo alla festa dell’Immacolata oppure basti vedere il logo del Giubileo 2025, oppure questa domanda diventa un muro di dubbi e ci areniamo già prima di partire?
Ho bisogno di questo “avvenimento”, cioè, di un dono che mi viene offerto da un altro, per capire che la fede non è un qualcosa di mio, cioè, dipende dalle mie volontà come se la fede sia un impegnarsi a sapersi concentrare sulla preghiera, trovare la giusta frase, interpretare i segni dei tempi, ecc…
Il Cristianesimo non è una predicazione di valori morali.
L’incontro con Dio è il senso del Natale.
Tu vivi una realtà concreta, vivi un incontro con un volto in cui riconosci o meno il volto che ti ama. E non darlo per scontato che sai riconoscerlo. La bellezza ha in sé quel fascino che si nasconde tra le pieghe della vita.
Amare una madre e un padre nella felicità dei tuoi giorni di festa, è una cosa. Amarli e riconoscere che la sofferenza è l’occasione che ti aiuta a riscoprire la tua vocazione di figlio, vivere la bellezza di un volto che ti cerca è un’altra cosa.
Questo “fatto” è il mistero dell’Incarnazione che si è reso realtà nel Bambino che vediamo lì, in quella mangiatoia, in una stalla, tra uomini (poi pastori) che contemplano un evento (che non è il nascere in una stalla) è un “qualcosa” che non è comune.
“Se Dio si è mosso (avvenimento-un venire fuori da noi), si è mosso per rispondere all’uomo, all’uomo che ha vergogna, vergogna e noia di se stesso, che trova limiti in sé, limiti con cui è connivente, da una parte, e, dall’altra parte, non riesce, non può riuscire a turare la bocca di questo grido che è nel suo cuore, di questa attesa che ha nel suo animo.”(Don Giussani)
Non c’è da meravigliarsi quando l’uomo porta con sé il dubbio di scegliere. Nel giornale di ottobre abbiamo già ripreso la differenza della scelta tra Matteo, Zaccheo e il giovane ricco.
Guardo Cristo e mi lascio guardare da Lui.
Solo vivendo la meraviglia di essere amato per ciò che sono, riscopro ogni giorno che la vocazione (il destino dell’uomo) non è una parola del catechismo, una predicazione del valore morale. E’ una realtà che ti fa essere come i pastori nella stalla a Betlemme, il capire e non capire e nello stesso tempo esserci.
Ci affidiamo alla Madonna e, come ci educa (ci accompagna come padre nel cammino della vita) il nostro Papa, proprio riguardo a Lei, dice: ”Maria è madre e una madre si preoccupa soprattutto della salute dei suoi figli, sa curarla sempre con grande e tenero amore. […] Ci aiuta a crescere, ad affrontare la vita, ad essere liberi.”
SAC. CELIA ROBERTO