La piccola Arianna, era passata dal seggiolone ai primi passi, con la sua bella dose di cadute e ginocchia sbucciate, come succede a tutti i bimbi. In quelle occasioni di solito la mamma apriva le braccia e le diceva: “Vieni da me!”.
Allora Arianna andava a gattoni verso di lei, le saliva sulle ginocchia e mamma e bambina si abbracciavano.
La mamma le chiedeva : “Sei la mia bambina?”.
Piangendo Arianna faceva “si” con il capo. Poi aggiungeva: “La mia dolce nespolina Arianna?”. La bambina annuiva ancora, ma con un sorriso.
La mamma, infine, le diceva: “E io ti voglio bene, sempre, in eterno e ad ogni costo!”.
Dopo una risata ed un abbraccio, la bambina era pronta per un’altra sfida.
Anche a cinque anni Arianna continuava a ripetere la scenetta del “Vieni da me” per le ginocchia sbucciate e i sentimenti feriti, per scambiarsi il “buongiorno” e la “buonanotte”.
Un giorno capitò alla mamma di avere una giornataccia. Era stanca, irritabile e stressata dall’impegno che richiede prendersi cura di un marito, di una bambina di cinque anni, di due ragazzi adolescenti e del lavoro che svolgeva da casa. Ogni volta che squillava il telefono o che suonavano alla porta arrivava del lavoro che l’avrebbe impegnata per un giorno intero e che doveva essere fatto immediatamente. Raggiunse il punto di rottura nel pomeriggio e si rifugiò in camera a piangere in santa pace. Arianna corse subito a cercarla e le disse: “Vieni da me”.
Si accoccolò vicino alla mamma, mise le manine sulle sue guance bagnate dalle lacrime e disse: “Sei la mia mamma?” Piangendo la mamma fece “sì” col capo. “La mia dolce nespolina mamma?”. Sorridendo la donna fece “sì” con il capo.
“E io ti voglio bene, sempre, in eterno e ad ogni costo!”.
Una risata, un abbraccio e anche la mamma era pronta per la prossima sfida.
Bruno Ferrero