Perché la morte fa paura?
Perché finisce la speranza del domani.
Da credente, la morte mi fa timore, ha un altro significato rispetto alla paura.
Quando penso al “timore” collego il mio cuore al settimo dono dello Spirito Santo:” Il timore di Dio, invece, è il dono dello Spirito che ci ricorda quanto siamo piccoli di fronte a Dio e al suo amore e che il nostro bene sta nell’abbandonarci con umiltà, con rispetto e fiducia nelle sue mani. Questo è il timore di Dio: l’abbandono nella bontà del nostro Padre che ci vuole tanto bene”.(Papa Francesco)
E’ vero che, a volte, pensando alle persone che soffrono, quando c’è questa invocazione della morte, come fine della sofferenza corporale, la vediamo come un taglio netto al dolore.
In chi crede, in chi pone la sua fiducia nella speranza in Dio, la fede ci fa guardare a Dio Padre come a Colui che accoglie. Noi viviamo la preghiera del passaggio alla vita eterna confidando nella fiducia della sua Misericordia.
Siamo certi che Dio ama, ma siamo anche umili a riconoscere che non ricambiamo l’amore col peso dovuto.
“Nel giorno del giudizio non avremo titoli, crediti o privilegi da accampare. Il Signore ci riconoscerà se a nostra volta lo avremo riconosciuto nel povero, nell’affamato, in chi è indigente ed emarginato, in chi è sofferente e solo… È questo uno dei criteri fondamentali di verifica della nostra vita cristiana, sul quale Gesù ci invita a misurarci ogni giorno”.(Papa Francesco)
È questo misurarci ogni, cioè, questo confrontare la mia coscienza con la realtà che mi pone di fronte al domani che verrà, fiducioso o meno.
Non devo fare le cose perfette, non devo vivere come se ogni parola o attimo deve essere un orologio che non si ferma o sbaglio il passaggio delle lancette.
Devo essere io, devo vivere quell’intensità del vivere gustando il dono di ciò che Dio mi offre e riscoprire che l’istante del dopo il mio errore o l’omissione del fare il bene, è sempre una nuova occasione del vivere la carità di essere suo figlio, di essere innanzitutto amato.
“Allora non si sarà giudicati, se saremo divenuti immagine del vero giudice che non giudica”.(Simone Weil)
Non giudicare te stesso, come se poi il tutto dipendesse da te.
Quando si è al cimitero, cosa ci ricorda questo luogo?
Che tutto passa? Come diceva Eraclito:”pantha rei”.?
Che è stata un’occasione che si è persa per chiedere perdono prima?
Cosa veramente ci ricorda?
Che siamo umani.
Voglio concludere con un passo di un’ omelia che ritengo la più bella che abbia ascoltato:” E solo laddove si vede Dio, comincia veramente la vita. Solo quando incontriamo in Cristo il Dio vivente, noi conosciamo che cosa è la vita. Non siamo il prodotto casuale e senza senso dell’evoluzione. Ciascuno di noi è il frutto di un pensiero di Dio. Ciascuno di noi è voluto, ciascuno è amato, ciascuno è necessario. Non vi è niente di più bello che essere raggiunti, sorpresi dal Vangelo, da Cristo. Non vi è niente di più bello che conoscere Lui e comunicare agli altri l’amicizia con lui .“ (Benedetto XVI la prima omelia da Papa)