John Stoddard ricorda che quando era ragazzo nella sua parrocchia si doveva cambiare pastore.
Il candidato doveva subire un esame di teologia, dinanzi a una commissione composta di calvinisti di diverse sfumature: alcuni più rigidi, altri meno.
Il pastore fu sottoposto a un fuoco di fila di interrogazioni, alle quali spondeva con scaltrezza, per non urtare la suscettibilità delle diverse tendenze.
Nonostante tutta l‘attenzione, lo scontro avvenne; però, non fra candidato e gli esaminatori, ma tra gli esaminatori stessi; l‘assemblea si tramutò in un pandemonio.
Questo episodio aprì il primo spiraglio di dubbio nel ragazzo: quale società poteva essere quella che non aveva né un capo, né una dottrina? Crescendo, lo Stoddard cadde nell‘incredulità; ma, finalmente potè ricostruire la sua fede.
Ospite di signori protestanti, una giovinetta cattolica domandò a Stoddard se vi fosse in quelle vicinanze, una chiesa cattolica.
«C‘è una miserabile cappella – rispose lo scrittore – a tre miglia.
Alle funzioni assistono solo, poveri servi italiani e irlandesi».
«Bene – rispose la giovane: – è proprio il posto dove io debbo andare.
D’altra parte, la religione alla quale appartengo, cominciò in una stalla».
Questa semplicità e fermezza di fede lo sconvolse e spinse lo scrittore ad entrare, insieme alla moglie, nella Chiesa cattolica.