domenica, 24 Novembre 2024
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omelia Domenica 17 Settembre 2023 (XXIV Domenica del tempo ordinario Anno A)


Secondo me, il vangelo che abbiamo ascoltato è un’ulteriore continuazione della parabola del Padre misericordioso.
Il senso è uno: Perdonare perché si è perdonati.
Come diciamo nel Pater Noster:”Rimetti a noi i nostri debiti come anche noi li rimettiamo ai nostri debitori”.
Si fa una differenza fondamentale tra quello che perdona che è Dio e noi che dovremmo perdonare gli altri.
Rileggiamo il vangelo.
Al primo Dio perdona: ”Gli fu presentato un tale che gli doveva diecimila talenti”.
Quest’ultimo, invece, doveva solo condonare un debito di poco:”Appena uscito, quel servo trovò uno dei suoi compagni che gli doveva cento denari”.
Ma è bene fare una sottolineatura: Il vangelo va letto, ascoltato e meditato con calma.
Se uno presta attenzione, quando il primo è chiamato dal padrone per restituire il debito, il vangelo riporta così:”Poiché costui non era in grado di restituire..” allora gli viene condonato il debito, e non dilazionato.
Quando, invece, incontra il secondo debitore, il povero dice così:”“Abbi pazienza con me e ti restituirò”. Quindi era pronto a restituire, ma chiedeva più tempo.
È importante questo passaggio perché ci fa capire quanto l’uomo, a differenza di Dio, sia più cattivo.
Dio perdona tutto, se cerchiamo veramente la Sua misericordia.
Noi, invece, siamo calcolatori: Il perdono è offerto solo se c’è un ricambio.
La frase del Curato d’Ars:”Dio non ha memoria del peccato”, ci aiuta a capire che veramente Dio offre un perdono nuovo, come la parabola del padre misericordioso:”Fa festa per il figliol prodigo”, cioè, ricomincia tutto da capo perché un figlio è sempre un figlio.
San Francesco di Sales scriveva:”Se una persona mi cavasse per odio l’occhio sinistro, sento che lo guarderei benevolmente con l’occhio destro. Se mi cavasse anche questo, mi resterebbe il cuore per volerle bene”.
Amare oltre tutto. Amare è condividere anche la fragilità dell’altro.
L’espressione numerica:”Non ti dico fino a sette volte, ma fino a settanta volte sette”, non è un numero limitato. Anche se lungo, nel linguaggio biblico significa ”Sempre”.Ricordiamo una delle frasi di san Bernardo di Chiaravalle: ”La misura dell’amore è amare senza misura”.
Un amore vero è compassionevole, come la parabola del buon samaritano:”Invece un Samaritano che era in viaggio, passandogli accanto, lo vide e n’ebbe compassione”.
Il termine compassione, come ci insegnava Papa Benedetto XVI, va tradotto con: ”Gli si spezzò il cuore”, cioè, è un amore viscerale, un amore che parte da dentro.
Riconoscendo quest’amore noi lo condividiamo e faremo come il gruppo dei compagni del vangelo che abbiamo ascoltato che è bene riprendere: ”Visto quello che accadeva, i suoi compagni furono molto dispiaciuti e andarono a riferire al loro padrone tutto l’accaduto”.
Perché lo fanno?
Concludo con una battuta.
Se io mi sento debitore, allora capisco lo stato d’animo del povero.
Se, invece, mi considero creditore, non avrò la stessa compassione.
Se io ho bisogno di Dio perché mi considero peccatore, comprendo e sono compassionevole verso il peccatore, ma se mi considero come Dio, non avrò mai compassione.
Come diremmo in dialetto: “U gurdu non capiscia u dejunu”.