“Una madre è la memoria dell’amore di Dio”.
Quando ho celebrato i 25 anni di sacerdozio, dicevo proprio questo:
”Nella nostra vita abbiamo tanti incontri di cui portiamo poi il ricordo. Di una madre, invece, facciamo memoria”.
Fare memoria, cioè, vivere ora quella grazia che Dio concede all’uomo.
La memoria di una madre che è presenza nella tua vita. Ora, nel momento dell’esequie, noi viviamo la misericordia tra madre e figli.
È misericordia perché è perdono questo momento in cui ci stringiamo insieme per ricordare e riportare al cuore il dono di questi anni.
Viviamo l’essere figli e nipoti!
Viviamo l’essere sorelle e fratelli!
Viviamo, cioè, una continuità educativa che ci ha modellato in questi lunghi anni a riscoprire che, nonostante le difficoltà, siamo ciò che siamo perché è stata piantata una radice nella terra di Dio!
Ringrazio mia mamma per l’educazione alla fede, per l’educazione alla carità che non si limita solo a dare del pane agli affamati. E’ carità anche pregare per coloro che non viviamo una familiarità terrena ma celeste, per le anime del Purgatorio più dimenticate, come mi insegnava sempre.
La carità non si fa con chi ti può ricambiare, in materiale.
Ringrazio mia mamma per l’amore all’Eucarestia. Anche se non era una teologa, aveva intuito ciò che è essenziale: ”A missa è tuttu”.
Porto nel cuore le sue battute perché la vita è anche l’umorismo del vivere quotidiano. La vita non è solo fatica ma anche gioia di camminare nella speranza e ringraziare Dio di tutto ciò che ti viene posto in avanti.
Tra i ricordi più belli, riporto due episodi.
Uno di quando ero piccolo e mi disse di accendere un lume a san Francesco di Paola perché i salami uscissero buoni. Noi diremmo che è superstizione, ma nel tempo ho capito una cosa necessaria nel mio cammino di fede, quello che poi ho vissuto meglio in scuola di Comunità: ”Vivere intensamente il reale”, cioè, tutto appartiene a Dio ed io offro a Lui il mio essere quotidiano. Senza di Lui sarei nulla.
La provvidenza è un dono di Dio. Senza saresti nulla. Senza Dio tutto è un vuoto. Dio è grazia.
I più giovani dovremmo ricordare che se noi “mangiamo a piatto aggiustato” è grazie al sacrificio dei genitori della generazione di mia madre. Che quando ricevevano qualcosa, non la pretendevano come un diritto ma era provvidenza di Dio.
Il secondo risale ad alcuni anni fa, quando il giorno di un mio compleanno mi disse: ”Ti auguro tutto quello che il Signore vuole da te”. È stato l’augurio più bello ricevuto in tutti i miei compleanni.
Intuivo ciò che significa essere madre, vivere un’appartenenza ai figli e, nello stesso tempo, vivere quel destino comune della vocazione che sia sacerdotale o matrimoniale, sapendo che non è un tuo possesso ma un dono che condividi.
Dai libri puoi imparare tanto. C’è una sapienza che vivi, però, in un incontro.
Proprio alla festa dell’Assunta portavo questo paragone, quando ormai si era intuito che i giorni in questo mondo, venivano meno: ”La bellezza è uno sguardo che va oltre a ciò che vedi, ami un figlio e una madre, al di là di ciò che appare al mondo, perché la guardi da figlio, è una mamma rimane sempre bella”.
Guardi così la Madonna dei Termini che abbiamo celebrato da poco. Guardo a Lei, quella beltà ineffabile. La guardo come l’hanno guardata tante mamme della nostra Comunità. A lei hanno affidato le loro paure, i timori, la dolcezza di vivere nella gioia della festa.
Grazie mamma per l’amore alla famiglia, per il servizio al tuo sposo e nostro padre. Grazie a Dio perché mi hai concesso la grazia che ho invocato in tutti questi anni. Di cui oggi ricorre proprio lo stesso anniversario, 17 anni. Ricordo che lei dopo al morte di papà diceva sempre: ”Dopo che muore lui, che il Signore ,mi faccia vivere solo una settimana”, il Signore ha deciso diversamente, non sempre ascolta le nostre preghiere (per fortuna).
Essendo poi figlio-sacerdote, riporto al cuore la cosa più bella che mi ha sempre confidato.La gioia che aveva nel sapere che i suoi figli e le famiglie erano cristiani praticanti.Mi diceva una volta:“Io non sò cos’è questa scuola di comunità, ma mi para na cosa bona”.
Al mondo una madre non offre solo degli uomini, ma vive il dono che i suoi figli siano persone. Questa relazione s’impara in un cammino e supera anche le mille difficoltà dei confronti generazionali. Se la radice è salda, i frutti non tardano mai a venire.
Se il tralcio è legato alla vite che è Cristo, la bontà dell’uva è una ricchezza per la Comunità. Voglio concludere con un episodio che mi è capitato il pomeriggio del 21 giugno di quest’anno. Un pomeriggio, stavo dormendo accanto a lei. Ad un certo punto ho sognato che lei si era alzata e seduta sul letto e mi diceva queste parole: “Il Signore ci fa cadere (riferito alla malattia) perché vuole che comprendiamo che Lui ci può rialzare”.
In questi giorni, abbiamo vissuto l’esperienza drammatica di non poterla vedere in ospedale, un esperienza che hanno vissuto anche altri prima di noi.
Io non rimprovero Dio, perché non mi ha concesso poterla vedere, se mi ah tolto gli ultimi 9 giorni, ma Lo ringrazio perché mi ha donato i suoi 90 anni.