Riprendendo e completando quella bella immagine della navigazione, che Platone ci ha lasciato nel Fedone, sant’Agostino ha spiegato il viaggio verso la vita eterna, che ogni uomo può realizzare con l’ausilio della fede. La prima navigazione, secondo il linguaggio marinaresco è quella che si compie con le vele; la seconda, più impegnativa, viene fatta con i remi: quando cessa il vento si ammainano le vele e si procede con la forza della braccia. Per Platone le vele corrispondevano alla conoscenza sensibile: i filosofi naturalisti non erano andati oltre piano fisico testimoniato ed esperimentato dai sensi. Platone, invece, con l’uso dei remi, che nell’immagine corrispondono alla conoscenza razionale, aveva navigato più lontano fino a dimostrare l’esistenza di un mondo soprafisico, il mondo ideale. Ma Agostino è andato oltre: «Non è possibile se non fare una di queste cose: o apprendere da altri quale sia la verità, o scoprirla da sé medesimi, oppure, se ciò è impossibile accettare, fra i ragionamenti umani, quello migliore e meno facile da confutare, e su quello, come su una zattera, affrontare il rischio della traversata del mare della vita. A meno che non si possa fare il viaggio in modo più sicuro e con minor rischio, su una più solida nave, cioè affidandosi a una divina rivelazione». Questa traversata più rischiosa, ma anche più bella, Giovanni Reale l’ha chiamato la terza navigazione: qui non si tratta più né di vele né di remi, ma del lignum crucis. Aggrappato con fede al legno della croce, l’uomo può navigare incolume nel mare della vita fino a giungere alla meta eterna. Ecco cosa ha scritto Agostino nelle prime pagine del Commento al Vangelo di Giovanni: «È come se uno vedesse da lontano la patria, e ci fosse di mezzo il mare: egli vede dove arrivare, ma non ha come arrivarvi. Così è di noi, che vogliamo giungere a quella stabilità dove ciò che è è, perché esso solo è sempre così com’è. E anche se già scorgiamo la meta da raggiungere, tuttavia c’è di mezzo il mare di questo secolo. Ed è già qualcosa conoscere la meta, poiché molti neppure riescono a vedere dove debbono andare. Ora, affinché avessimo anche il mezzo per andare, è venuto di là colui al quale noi si voleva andare. E che ha fatto? Ci ha procurato il legno con cui attraversare il mare. Nessuno, infatti, può attraversare il mare di questo secolo, se non è portato dalla croce di Cristo. Anche se uno ha gli occhi malati, può attaccarsi al legno della croce. E chi non riesce a vedere da lontano la meta del suo cammino, non abbandoni la croce, e la croce lo porterà». La croce implica, però, un capovolgimento totale rispetto alla mentalità umana, dominata dalla superbia (hybris) della ragione.
Lorenzo Cortesi