C’era un tempo un rabbino che la gente venerava come l’inviato di Dio.
Non passava giorno senza che una folla di persone si assiepasse davanti alla sua porta in cerca di un consiglio o della sua guarigione e della benedizione del sant’uomo.
E ogni volta che il rabbino parlava, la gente pendeva dalle sue labbra,facendo propria ogni parola che diceva.
Fra i presenti c’era però un personaggio piuttosto antipatico, che non perdeva mai l’occasione per contraddire il maestro.
Osservava le debolezze del rabbino e ne sbeffeggiava i difetti, con sgomento dei suoi discepoli, che cominciarono a vedere in lui l’incarnazione del diavolo.
Un giorno però il “diavolo” si ammalò e morì.
Tutti tirarono un sospiro di sollievo.
Di fuori apparivano compresi come si conveniva, ma nel loro cuore erano contenti perché quell’eretico irriverente non avrebbe mai più interrotto i discorsi ispirati del maestro e criticato il suo comportamento.
La gente fu quindi sorpresa di vedere al funerale il maestro genuinamente affranto dal dolore.
Quando più tardi un discepolo gli chiese se era addolorato per la sorte del morto, egli rispose:“No, no. Perché dovrei compiangere il nostro amico che è ora in cielo?E per me che sono triste.Quell’uomo era l’unico amico che avevo.Eccomi qui circondato da gente che mi venera.Lui era il solo che mi metteva alla prova; temo che senza di lui smetterò di crescere!”
E mentre diceva queste parole, il maestro scoppiò in lacrime.