Oggi celebriamo la festa della Madonna del Rosario di Pompei e concluderemo la S. Messa con una delle preghiere più belle dedicate alla Madonna.
Siamo qui riuniti per pregare per tutte le nostre mamme, vive e defunte.
Oggi è la festa della mamma.
Sappiamo che per motivi “commerciali” e sotto- sotto, direi anticlericali, si è posticipata alla domenica successiva.
In questa occasione in cui tante mamme siete presenti, vi voglio riportare la riflessione sulla maternità e vocazione che abbiamo già ripreso in due occasioni: il venerdì santo e domenica 30 aprile giornata di preghiera per le vocazioni.
La vocazione di essere madre è quella di vivere la libertà nel dono dell’altro.
Mettersi in gioco in tutto questo.
Pensare di vivere isolati non è nella vocazione di essere madre.
La particolarità che rende unica la maternità è proprio il dono di se stessa:Un dono che offre all’altro, la fiducia dell’intraprendere poi un cammino.
“Una morale concepita come applicazione di leggi è moralismo. Mentre se uno dice a San Pietro: «Simone, mi ami tu?» e Simone dice: «Si, Signore, tu lo sai che ti amo», dopo non è più come prima. Questo «dopo non è più come prima» è l’indice della vera moralità…
Magari non riesci: Allora ritorna a guardare Gesù mille volte al giorno e Gesù mille volte al giorno… È come una mamma verso il bambino. Se un bambino di due anni leggesse un libro intitolato”Quello che deve fare un bambino di due anni”, si sparerebbe! Invece, tutto è riassumibile nella frase: «Ascolta tua mamma».
(Don Giussani – L’attrattiva Gesù – BUR pp.80-81)
Viviamo questo dono con lo sguardo a Maria, la mamma di Gesù e Madre della Chiesa. La nostra mamma e questo sguardo che viviamo diventa tenerezza che ci sospinge ad andare oltre anche le difficoltà del cammino vocazionale.
Cosa significa questo donarsi pienamente nell’altro e viverlo come un dono e non come un qualcosa di te stesso?Il più grande dramma della maternità è quello di considerarsi “proprietari” dell’altro.
Mi colpiva questa frase:”Nessuno stato è così simile alla pazzia da un lato e al divino dall’altro quanto l’essere incinta. La madre è raddoppiata, poi divisa a metà e mai più sarà intera”. ERICA JONG
Questo “divino” ci coinvolge nella carità.
Essere madre è carità.
Spesso ad ognuna di voi ripeto: La carità di “ingoiare e stare in silenzio”. Perché questo dramma del vivere così?
C’è un Mistero più grande che va oltre l’amore terreno di un figlio ed è quello di essere partecipe di un dono che è divino.
Penso e rifletto sulle parole di Jacopone da Todi :”Oh, Madre, fonte d’amore, fammi provare lo stesso dolore perché possa piangere con te.”
Nella Madonna, in questa maternità unica, rivivo il mio essere figlio che va oltre al dolore per una madre anziana o che è ritornata in cielo, che va oltre alla gioia di condividere la vita o alla gioia del primo sorriso.
Una fede mi lega all’appartenenza al Figlio di Dio e tutto appare un cammino che porta al cielo. Il desiderio di essere amato fa sì che ogni silenzio è preghiera.
Concludiamo con l’ultimo versetto dello Stabat Mater: “E quando il mio corpo morirà fa’ che all’anima sia data la gloria del Paradiso”.