In questa santa celebrazione riprendiamo un passaggio di Papa Francesco già riportato nel nostro giornale parrocchiale del mese di ottobre 2022. E’un passo che riguarda l’Epifania: ”Nella vita cristiana non basta sapere. Senza uscire da se stessi, senza incontrare, senza adorare non si conosce Dio. La teologia e l’efficienza pastorale servono a poco o a nulla se non si piegano le ginocchia, se non si fa come i Magi che non furono solo sapienti organizzatori di un viaggio, ma che camminarono e adorarono“.
Si vive la carità. Noi lo manifesteremo con la lavanda dei piedi, ma prima ci inginocchiamo, cioè, adoriamo.
L’Eucarestia è questo dono che Dio ci offre affinché riceviamo la Grazia di essere uomini di fede.
“La carità ha due piedi che sono i due precetti dell’amore di Dio e il prossimo. Vedi di non zoppicare, ma corri con ambedue i piedi a Dio”.(Sant’Agostino)
La carità è il dono di se stessi, da vivere nella quotidianità, richiede il sacrificio e fede nella provvidenza di Dio, non calcolo.
Cinque anni, fa, quando ero direttore caritas, proprio un anno prima che divenissi vostro parroco, mi arrivò una telefonata da una persona che lavorava con gli immigrati e mi chiese, anzi più una pretesa in quanto si trattava di caritas, di occuparmi dell’accoglienza di alcuni immigrati ed io gli risposi: ”Come funziona? Finché ci sono i soldi ve ne occupate voi e poi quando non ci sono più contributi scaricate alla caritas?”
La carità è riconoscere nell’altro, non solo il volto umano ma una Presenza. Non un calcolo di probabilità.
Cristo che si fa presenza e tale rimane come fonte alla caritativa nel segno eucaristico.
Riconosciamo l’Eucarestia come tale. Impariamo a vivere l’adorazione quotidiana non limitandoci a venire alla Messa feriale solo perché viene menzionato il nome di un defunto che mi è familiare.
Spesso sento dire:”Ci hanno insegnato così!”
Siamo noi che abbiamo parafrasato o fatto forzature sulla storia della catechesi parrocchiale.
Nessun parroco potrà aver detto:”Non è necessario venire a messa ma l’importante è che fai del bene”.
Oppure la superstizione che riaffiorano in questi giorni, dei tanti che portano il grano per l’altare della riposizione senza neanche fermarsi un attimo in adorazione e, soprattutto, senza neanche partecipare alla S. Messa. A che serve una chiesa aperta, se poi non entra nessuno?
In questi anni ho sempre fatto un calcolo. Ci sono più ciotole di grano che persone alla S. Messa di oggi e alla liturgia di domani.
Perché ci viene difficile pregare?
Perché abbiamo ricevuto una “maleducazione” al cammino religioso e direi anche culturale.
In un epoca in cui si pensa che tutto sia un diritto, senza doveri, pretendiamo da Dio ed anche dall’uomo, senza prima invece confrontarsi.
Benedetto XVI: «Il relativismo diffuso, secondo il quale tutto si equivale e non esiste alcuna verità, né alcun punto di riferimento assoluto, non genera la vera libertà, ma instabilità, smarrimento, conformismo alle mode del momento»
Rimandiamo sempre all’altro ciò che dovremmo essere noi.
Mi piace riportare un pensiero già detto alla festa di san Giuseppe: ”Il Vangelo sta perdendo il suo vigore perché al posto del sale stiamo mettendo troppo miele”.(Pino Pellegrino)
Senza adorazione eucaristica, non vivremo mai la carità, ma rimarremo uomini di questo mondo e ci distingueremo per le opere sociali ma non per la vera carità e speranza che è la luce di Cristo.
“Senza eucarestia l’umanità perderebbe il suo polo di attrazione divina e si ridurrebbe a un sentimento e ad una dinamica solamente umana, psicologica, sociologica. Invece l’eucarestia garantisce che al centro ci sia Cristo, e che sia il suo Spirito, lo Spirito Santo a muovere i nostri passi e le nostre iniziative di incontro e di comunione “(Papa Francesco)
Dall’Eucarestia noi attingiamo la forza della missione.
La fede è come un “camminare a tentoni” diceva San Paolo, un camminare verso e dentro il Mistero di Dio.
L’Eucarestia è questo segno perché è veramente reale e non un simbolo che rimanda ad altro. E’ un segno del Mistero di Dio. Questo mistero sostiene la nostra fede quando si confronta col reale. Perché voglio ricevere l’Eucarestia in uno stato di grazia, cioè, confessandomi prima? Perché amare significa donarsi nella libertà.
“Ti istruirò e ti insegnerò la via da seguire; con gli occhi su di te, ti darò consiglio. Non siate privi d’intelligenza come il cavallo e come il mulo: la loro foga si piega con il morso e le briglie, se no, a te non si avvicinano». (Salmo 32,8-9)
Non vivo la fede e tutto ciò che essa produce come frutto che è la carità e speranza come se fosse una continuità a priori.
È una scelta che si rinnova. Ho fatto la proposta per la catechesi agli adulti, con gli assistenti dei vari gruppi e movimenti, proprio per un cammino maturo di fede di chi segue un cammino, affinché non venga meno la memoria di ciò che hanno insegnato i fondatori dei gruppi o movimenti. Ma chi si considera già arrivato è come colui che è sazio, ma di se stesso e cerca soltanto lo scandalo dell’altro per poter poi aggiungersi al gruppo degli ignavi di questo mondo, come riprendevo nell’omelia delle Palme:”Conosco le tue opere: tu non sei né freddo né caldo. Magari tu fossi freddo o caldo! Ma poiché sei tiepido, non sei cioè né freddo né caldo, sto per vomitarti dalla mia bocca”. (Ap. 3,15-16)
Ritornando a ciò che vi dicevo all’inizio, i Magi hanno testimoniato che il cammino è preceduto dal riconoscere in Gesù quella Presenza del Mistero.
Non una parte o un qualcosa che rimanda ad altro, come invece hanno annunciato i profeti.
Cristo è vera presenza a cui come “sorgente d’acqua che zampilla per la vita eterna”(vangelo Samaritana)
Noi adoriamo e invochiamo la divina Provvidenza, Cristo pane per la vita eterna.