Qualche mese fa ho rivisto il vecchio film”Barabba” ed una scena mi ha colpito.
Un prefetto romano chiede a Barabba:”Se non credi, perché porti il segno di Cristo?” e lui rispose:”Perché vorrei credere”.
La linea che divide la fede dalla non fede è il senso o il significato che noi diamo alla morte.
Non è la stessa cosa di quando ci rapportiamo con la sofferenza o con la gioia di un evento.
Di fronte alla morte non c’è un ritorno. Don Giussani, con parole simili, ci insegnava la differenza tra “dramma e tragedia”.Il dramma è quando c’è una sofferenza ma trovi un significato, la tragedia è la fine di tutto.
Così è la morte. Per chi ha fede è sì un dramma ma ha un senso.
Per chi non crede è la conclusione.
Se credi che Cristo è risorto, tutta la tua storia è protesa verso di Lui oppure vivi come se Dio non ci fosse.
San Paolo, nella lettera ai Corinzi, ce lo spiega meglio:
”Ma se Cristo non è risorto, vuota allora è la nostra predicazione, vuota anche la vostra fede”.(1 Cor. 15,14)
L’apostolo ci pone di fronte ad un bivio.
Come Barabba, anche noi abbiamo il dubbio ma se c’è quel desiderio di voler credere, Dio offre a noi quella stessa passione della ricerca.
Come diceva il Card. Martini:”Nel cuore di ogni credente c’è un non credente”.
Viviamo questo cammino verso la Pasqua perché in essa l’uomo trova quel senso che farà la differenza alla sua vita!
La Pasqua è una festa che porta con se’ quella domanda. Di solito nelle altre feste, ci si sofferma maggiormente su altri aspetti della fede.
La Pasqua ci pone la domanda seria sulla vita eterna.
“Vita eterna significa la vita stessa che può essere vissuta anche nel tempo e che poi non viene più contestata dalla morte fisica”(Benedetto XVI)
Don Roberto Celia