Due amici facevano la stessa strada che attraversava una pericolosa e tenebrosa foresta.
Improvvisamente un orso enorme e ringhiante si parò davanti ai due uomini.
Uno, in preda alla paura si arrampicò su un albero e si nascose, l’altro non fece in tempo e accorgendosi di non essere in grado si sfuggire alla bestia feroce si lasciò cadere a terra, fingendo di essere morto.
Sapeva infatti che gli orsi non toccano i morti.
Quando gli arrivò vicino, l’orso lo annusò, gli grugnì negli orecchi, provò a smuoverlo con il muso.
Il poveretto tratteneva il respiro con tutte le sue forze.
L’orso lo credette effettivamente morto e se ne andò.
Appena vide sparire tra gli alberi l’orso, l’altro uomo scese dall’albero su cui si era arrampicato e chiese all’amico: “Che cosa ti ha detto l’orso all’orecchio?”
“Mi ha detto di non viaggiare più insieme a certi amici, che nel momento del pericolo invece di aiutarmi se la danno a gambe levate.”
L’amore fa ancora molta paura.
Esso chiede il lasciarsi andare, l’abbandono di sé, l’abbandono a sé, la fiducia che abbaglia e non acceca, la donazione assoluta.
Bisognerà render conto della paura e dell’avarizia che impedirono di amare, dell’accecamento e dell’orgoglio che soffocarono gli slanci.
Bisognerà render conto di tutti i gesti non compiuti, delle lacrime ingoiate, dell’amore non dato, delle promesse e del tempo perduto.
Bisognerà pagare per tutte le parole non dette, per tutte le carezze perdute, per tutti i sogni abbandonati.