mercoledì, 23 Ottobre 2024
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omelia Prima Confessione Classe 4^ – Scuola Primaria – 14 Maggio 2022


Oggi abbiamo celebrata la festa della Prima Confessione.
A differenza dei vostri compagnia che vi hanno preceduto e che sono prossimi alla Prima Comunione, con voi è stato diverso.
Noi ci prepareremo per il prossimo anno.
Quest’occasione ci aiuta a comprendere meglio il significato del sacramento che abbiamo celebrato.
È, innanzitutto, una festa.
Il padre misericordioso al fratello maggiore diceva:
”Bisognava far festa”.
Una festa di riconciliazione, una festa di libertà non perché mi sono “scaricato o pulito la coscienza” ma perché ho rinnovato un rapporto unico con Dio.
In questo c’è una differenza fondamentale perché, a differenza del rapporto con l’uomo, il perdono di Dio è unico.
Ve lo spiego con questo pensiero:
“Ricucire un rapporto con chi ha tradito la nostra fiducia è possibile, ma è come rammendare un abito rotto: il segno rimane, indelebile”. EMANUELA BREDA
Con Dio, invece, non rimane nessun segno.
Questo è il vero amore!
Non ha bisogno di un ricambio o di rattoppare.
È sempre lo stesso vestito che è unico.
Noi siamo noi.
Il mantello lacerato Un guerriero dal passato piuttosto torbido chiese ad un anacoreta se pensava che Dio avrebbe mai potuto accogliere il suo pentimento.
E l’eremita, esortato che l’ebbe con molti discorsi, gli domandò: «Dimmi, ti prego, se la tua camicia è lacerata, la butti via?…»
«No», rispose l’altro: «la ricucio e torno ad indossarla.»
«Dunque», soggiunge il monaco, «se tu hai riguardo al tuo vestito di panno, vuoi che Dio non abbia misericordia per la sua immagine?»

Rimaniamo di quell’amore che Dio ci ha offerto fin dal grembo materno.
È un amore eterno, neanche infinito o illimitato, ma eterno, perché c’è sempre stato e sempre ci sarà.
Come spesso dice il Papa:
” Dio non si stanca mai di perdonare, siamo noi che ci stanchiamo di chiedere la sua misericordia”.
La festa è più unica se questo amore lo condividiamo con gli altri.
Ci stiamo preparando alla fine dell’anno scolastico. Cosa porteremo dopo?
Continueremo quell’amicizia che abbiamo vissuto insieme?
L’amore ha una misura che , innanzitutto, è presenza.
Amare senza giudicare perché dovremmo noi giudicarci per primi
Ve lo spiego con questa storiella molto sottile. I monaci e il secchio (Paulo Coelho)
Uno dei monaci del monastero di Sceta commise una grave mancanza, e così fu chiamato l’eremita più saggio perché potesse giudicarla. L’eremita si rifiutò, ma i monaci insistettero tanto che lui finì per andare. Prima, però, prese un secchio e lo forò in vari punti. Poi, lo riempì di sabbia e s’incamminò verso il convento. Il superiore, vedendolo entrare, gli domandò che cosa fosse.
«Sono venuto a giudicare il mio prossimo – disse l’eremita -. I miei peccati stanno scorrendo dietro di me, come scorre la sabbia di questo secchio. Ma, siccome non mi guardo alle spalle e non mi rendo conto dei miei stessi peccati, sono stato chiamato a giudicare il mio prossimo!»
I monaci allora rinunciarono alla punizione all’istante