Spesso, da una lettura veloce della Parola di Dio, ci può sfuggire un aspetto in particolare: Il passaggio tra il Vangelo e gli Atti degli Apostoli, il momento in cui diremmo che “Nasce la chiesa”.
Nella conclusione del Vangelo, dopo la resurrezione di Gesù, si narra che Egli, più volte si è manifestato agli apostoli, anche ai discepoli di Emmaus ecc… ma non per questo Gli hanno creduto.
Proprio confrontandoci con la loro “non fede”, possiamo scoprire la Grazia dello Spirito Santo.
Essi dopo la morte in croce, anche se stanno insieme, si sono allontanati.
“Erano nel cenacolo” ma faceva da collante il dolore e la paura.
L’esperienza vera della resurrezione non è mai immediata. Necessita una Grazia, una mediazione.
Mi colpiva la descrizione di questo passaggio tra Resurrezione e Pentecoste, fatta da Don Epicoco:”E’ come dire: La teoria l’ho capita, ma la difficoltà sta nel farlo”.
C’è la certezza che Cristo è risorto. Lo hanno visto, ma ora bisogna vivere questa resurrezione.
Solo lo Spirito rende possibile la vivibilità di quello che abbiamo incontrato, capito, sperimentato. Solo lo Spirito scaraventa i discepoli fuori dal cenacolo. Senza la Pentecoste non serve a nulla tutto quello che hanno vissuto, pensato e incontrato. Serve una potenza dall’alto.
Così si arriva poi a quanto insegna Papa Francesco:”Una Chiesa in uscita”.
Dove viviamo questo dono, questa Grazia che si fa più vera in noi?
Oggi dovevamo celebrare la festa della Prima Comunione ed avrei riportato il passo di David Maria Turoldo che spiega l’Eucarestia, come amore-carità che ci coinvolge con Cristo:”Gli amanti possono fermarsi solo fino alla bocca, possono solo baciarsi. Cristo ha superato questa soglia. E’ andato oltre. Non è rimasto alla soglia della nostra bocca, l’ha varcata”.
Il dono dell’Eucarestia ci sprona dentro a vivere nella Comunità la gioia di riconoscere in Cristo, il Risorto.
Solo in Lui viviamo il senso della nostra storia.
La Grazia dello Spirito Santo, come agli apostoli, sotto la guida di Maria, si fa compagnia.
Benedetto XVI^ nel commentare l’Inno alla Vergine di Dante Alighieri che poi mediteremo durante la novena della Madonna della Pietra, così diceva riguardo alla fede:” La fede diventi una visione-comprensione che ci trasforma. Era mio desiderio di dare risalto alla centralità della fede in Dio – in quel Dio che ha assunto un volto umano e un cuore umano. La fede non è una teoria che si può far propria o anche accantonare. È una cosa molto concreta: è il criterio che decide del nostro stile di vita. In un’epoca nella quale l’ostilità e l’avidità sono diventate superpotenze, un’epoca nella quale assistiamo all’abuso della religione fino all’apoteosi dell’odio, la sola razionalità neutra non è in grado di proteggerci. Abbiamo bisogno del Dio vivente, che ci ha amati fino alla morte.” (23 gennaio 2006)